articolo che ho pubblicato su LetteraDonna/Elle.

Rosa aveva 14 anni quando un amico del fratello, un ventenne, la chiese come fidanzata e a nessuno sembrò strano. Lei dissesì per scherzo e si ritrovò impegnata senza nemmeno rendersene conto. Quando il ragazzo si presentò al padre per la richiesta formale Rosa continuò a lavare i piatti, senza voltarsi e piangendo di rabbia, senza trovare il coraggio di obiettare. Le avevano detto che era fortunata ad avere un fidanzato educato, onesto e lavoratore. E in quel piccolo paese della Calabria una volta ufficializzato il fidanzamento, tirarsi indietro avrebbe significato essere additata come una poco di buono.
Non è una storia di fine ‘800 ma del 1984.

 

Il famiglia il sesso era un tabù, non se ne poteva parlare.
Eppure da quando era bimba Rosa si trovava delle mani addosso, mentre sbrigava le faccende, dai fratelli, o quando stava in braccio a qualche parente, o quando in auto stava a fianco del fidanzato della sorella di 15 anni più grande che le sfiorava il seno con il gomito. Eppure tra ragazzini si usavano atti di bullismo a sfondo sessuale: «Prendevano una bambina, le aprivano le gambe e le toglievano le mutande, prendevano un pugno di terra o di cenere e le sfregavano con forza i genitali, e poi la lasciavano lì nella vergogna», racconta, «a volte accadeva anche tra ragazze, era un atto di forza. Ne ho un ricordo terribile perché ti facevano sentire umiliata e in colpa».
I primi baci col fidanzato le costavano fatica ma la sorella con cui si era confidata le aveva detto che col tempo le sarebbe piaciuto e l’amore sarebbe arrivato.

SE L’AMORE NON ARRIVA
Il primo rapporto a 16 anni, uno stupro, in piedi nel bagno.
Il matrimonio a 18. Gli anni passavano e l’amore non arrivava, mentre il marito focoso pretendeva rapporti due volte al giorno, ogni giorno.
«Gli volevo bene come persona perché era buono, educato e sorridente. Nel sesso si trasformava ma io ero convinta che fosse mio dovere accontentarlo: «’Che ti costa?’, mi diceva, solo dieci minuti».
Tre figlie, quattro aborti spontanei, nessun contraccettivo.
«Se non lo facevo erano litigi e musi lunghi e per ripicca si rinunciava a una gita in campagna, a una giornata di festa con gli amici». Così Rosa si concedeva quei dieci minuti prima di uscire di casa, con le bambine che li chiamavano impazienti all’ingresso, o appena entrava nella doccia, o quando esausta si infilava nel letto con la sola voglia di dormire, magari con una delle piccole accanto.
Piange Rosa mentre ricorda una sera in cui gli disse: «Vediamo dove arrivi, io non mi muovo, se per te sono questo, usami». Rimase vestita e immobile con le braccia diritte lungo il corpo: «Ma lui ha fatto lo stesso quello che doveva fare».
Quel marito gentile le teneva il muso se il ciclo mestruale durava troppi giorni o se dopo un aborto lei non ne voleva sapere «Mi lasciava stare al massimo due settimane, poi mi tormentava».
Le rimproverava di essere fredda, e Rosa cominciò a pensare che fosse vero.

COME UN TROFEO DA ESIBIRE
Quel marito gentile insisteva perché lei indossasse minigonna e maglie scollate quando uscivano insieme perché gli piaceva essere invidiato dagli uomini che la guardavano: «Ero bella, ero come un trofeo da esibire».
Quando erano in compagnia di amici le battute sul sesso la infastidivano, capiva che alle altre donne il sesso piaceva, si irritava quando lui la faceva sentire inadeguata dicendo che la doveva pregare, che non era mai disponibile.
In tanti anni una sola confidenza con una cognata, appena accennata e smorzata con una battuta perché anche tra donne il sesso era tabù, tutta la vita.
Qualche volta da ragazzina si era toccata Rosa, qualche volta si toccava ancora, ma senza arrivare all’orgasmo; e nemmeno le fantasie la aiutavano durante i rapporti.
«Ne parlai con un ginecologo che mi disse che per tutte le donne era normale provare piacere, che dipendeva dalla posizione, o che altrimenti ero frigida. Non sapevo cosa volesse dire, ho cercato sul vocabolario e ho comprato anche un libro di nascosto per capire».
Se i primi anni di matrimonio questa sessualità mortificante era stata vissuta con paziente rassegnazione, col passare del tempo Rosa si ritrovò a piangere sentendo il marito raggiungere l’orgasmo e a piangere dopo che aveva finito.

SE IL SESSO CONIUGALE È VIOLENZA MA NON LO SAI
Le figlie crescendo cominciavano a capire quello che succedeva.
«È stata mia figlia, a 20 anni, a dirmi: ‘Mamma ma tu stai subendo violenza‘. Io a quella parola non avevo mai pensato».
Nonostante la consapevolezza che quella sessualità fosse fatta di stupri quotidiani, Rosa non aveva mai pensato alla separazione: «Non era proprio concepibile in paese, tutti lo adoravano e lo avrebbero difeso».
Dopo 25 anni di matrimonio il marito morì in un incidente d’auto.
A distanza di tre anni oggi Rosa ha lasciato la Calabria, ha un uomo di cui si è innamorata, che desidera: «È incredibile guardarlo e desiderarlo, desiderare il suo corpo, tutto di lui», racconta commossa, come se avesse scoperto l’arcano.
Sta scoprendo il sesso ora Rosa, e con fatica: «Lui è stato molto paziente, ci è voluto del tempo. All’inizio mi piaceva ma rimanevo bloccata. Ora sono felice».
Del suo paesello dice che «le ragazze oggi sono più libere, ma la mentalità intorno è la stessa e le giudica male».

NON NEGHIAMOCI IL DIRITTO DI PROVARE PIACERE
Se leggendo questa storia avete pensato a quanto è profondo il Sud vi dico che ho conosciuto anche Luisa, 49 anni vissuti in Brianza. Luisa oggi, nel 2017, ha rapporti sessuali forzati con suo marito; anche lei non si muove, sta ferma, e piange per tutti quei dieci minuti e un po’ anche dopo: «Ma piango piano, per non svegliare Matteo di là». Matteo ha 14 anni, dà della stupida a sua madre esattamente come fa suo padre. Quando in un momento di confidenza ho detto a Luisa che quei rapporti si chiamano violenza sessuale mi ha guardato stupita e ha esclamato: «Ma è mio marito!».
Riconoscere la violenza sessuale all’interno della propria relazione non sempre è facile, l’ombra del «dovere coniugale» aleggia su di noi più di quanto ci piaccia ammettere. La possiamo incontrare anche tra coppie adolescenti a cui continuiamo a parlare di maschi dall’istinto incontenibili e di femmine accoglienti e comprensive. Omettendo che il confine tra il lecito e l’illecito lo segna semplicemente il «consenso». Dimenticando che nell’assolvere quell’arcaico dovere ci neghiamo un diritto, ovvero «godere».