Articolo che ho pubblicato su LetteraDonna/Elle.
Su 111 questionari distribuiti alla fine di un mio intervento formativo sulla violenza di genere a Feltre (provincia di Belluno) che riuniva diverse classi di diversi istituti scolastici superiori, alla domanda «Come ti sei sentito durante l’incontro?» il 64% dei/delle presenti (equamente suddivisi tra maschi e femmine) ha risposto «illuminato» o «sorpreso», e il restante 34% ha in prevalenza manifestato preoccupazione e rabbia di fronte a quanto esposto. Soltanto il 2% si è detto «annoiato». Il 97% ha ritenuto l’incontro «molto interessante» o «interessante». Del rimanente 3% soltanto in due lo hanno ritenuto «per niente interessante» e sono probabilmente gli stessi che si sono annoiati.
Lo sottolineo per tutti quelli che quando si parla di adolescenza sembrano rivolgersi a una indefinita entità avvolta in un bolla di apatia irreversibile. I miei interventi durano quasi quattro ore, non sono poche, e gli argomenti come lo stupro o il femminicidio pongono spesso sulle difensive noi adulti. In ogni scuola incontro ragazzi e ragazze attenti, propositivi, con tante cose da dire; in quella occasione a Feltre la platea era particolarmente partecipativa, e il perché credo proprio stia nel fatto che ad invitarmi fosse stato Respect Equality, un gruppo composto da una ventina di ragazze (e un solo ragazzo per ora) tra i 16 e i 21 anni, che fanno attivismo contro la violenza sul proprio territorio. Una proposta fra pari, dunque, a cui ci si dispone naturalmente con maggiore propensione a mettersi in gioco.
Ma come nasce su un territorio una realtà come Respect Equality? Con la fiducia. Dai fiducia agli adolescenti, racconta loro la verità e saranno i primi a volerla cambiare, e a modo loro, perchè ne sono capaci.
Così ha fatto l’associazione Belluno-DONNA, un centro antiviolenza attivo dal 2004 (una sede a Belluno, una a Ponte nelle Alpi e una a Feltre) che oltre ad offrire alle donne ascolto e sostegno contro la violenza (compreso uno sportello dedicato al lavoro) promuove incontri e dibattiti sul tema, in rete con altre associazioni territoriali e con le istituzioni e le forze dell’ordine, cura una centro di documentazione, svolge attività di formazione e prevenzione nonchè di ricerca e raccolta dati sul territorio.
Proprio da una ricerca nelle scuole superiori – ci spiega una delle socie fondatrici, Francesca Quaglia – era emerso come tra ragazzi e ragazze vi fosse una presenza significativa di stereotipi di genere nonchè una tendenza a tollerare e giustificare episodi di violenza all’interno della coppia. «Con un primo progetto – ci dice – è iniziata un’ attività di formazione volta a rendere i giovani non solo consapevoli di cosa sia la violenza di genere, ma protagonisti nel farsi a loro volta portatori delle conoscenze acquisite, sui presupposti metodologici della peer education. Abbiamo affrontato con loro tutte le forme di violenza di genere, sottolineando che le ragioni non sono da ricercare nella condotta individuale ma nellastruttura sociale di disuguaglianza. La risposta è stata così significativa che ci siamo rese conto che avremmo dovuto dare loro la possibilità di dare continuità a quel lavoro in maniera più attiva, perchè era chiaro che ne sarebbero stati capaci».
Ecco che grazie a un bando provinciale Belluno-DONNA mette a punto un nuovo progetto in cui viene esplicitato che gli interventi di formazione e le azioni di sensibilizzazione sarebbero state decise dai ragazzi e dalle ragazze proprio per dare loro la possibilità di scegliere, lasciando all’associazione il ruolo di supervisore. Un atto di fiducia che si apre alle istituzioni, e il Centro di Servizio per il volontariato della Provincia di Belluno accoglie il progetto.
Inizia un anno di formazione specifica del gruppo che oggi non solo continua ad andare nelle scuole, ma è diventato modello per l’intera cittadinanza.
Lucia, una delle attiviste di Respect Equality, ci spiega infatti che le loro iniziative sono rivolte anche agli adulti, ai genitori nelle scuole, a chi fa servizio civile, organizzano momenti formativi durante eventi pubblici e concerti, sono state invitate dall’ Ulssa gestire un seminario all’interno di una rassegna dedicata alla salute.
Un impegno scaturito da una nuova consapevolezza: «Ci siamo rese conto che non sapevamo nulla sulla parità di genere e neppure sulla violenza, sulle sue sfaccettature, non avevamo idea dei numeri. Nessuno ce ne aveva mai parlato né a scuola né in famiglia, abbiamo voluto farci portatrici della verità di cui eravamo venute a conoscenza. Nessuno allora utilizzava la parola femminista che in quest’ultimo anno ha fatto il giro del mondo con il #metoo», per noi erano nuove anche le parole».
«La formazione è fondamentale per noi – continua Lucia – abbiamo organizzato anche un campeggio estivo con ragazzi e ragazze che arriveranno da Padova e Trieste per condividere una tre giorni di workshop e laboratori di genere».
Respect Equality produce anche video e materiali di sensibilizzazione, ha un profilo instagram e una pagina Facebook. Mi hanno regalato un paio di occhiali griffati Respect Equality, offerti da una azienda della zona. «Abbiamo pensato gli occhiali perchè questo percorso ci ha aperto gli occhi, vogliamo dire a tutti di guardare il mondo con occhi diversi, di usare le lenti giuste e smetterla di considerare le cose normali solo perchè le abbiamo sempre viste allo stesso modo. Le tradizioni si cambiano se sono sbagliate».
Formula magica? «No», commenta Francesca Quaglia. «È il risultato di un lavoro costante ma anche della risposta delle istituzioni territoriali (Regione Veneto ma anche il Comune di Feltre, di Belluno, di Sedico), delle dirigenze scolastiche, delle forze dell’ordine e delle altre associazioni del territorio (Soroptimist, Fidapa e altre). Fondamentale è stato ed è il supporto dell’ Ulss 1 Dolomiti (distretto di Feltre), che permette all’associazione di essere inserita nelle proposte di peer education che l’Ulss 1 Dolomiti promuove ogni anno e mette a disposizione spazi e risorse per le iniziative e si fa portavoce del progetto».
Belluno-DONNA ha saputo fare rete, quella Rete multidisciplinare e intergenerazionale che cambia una città, un territorio. Una rete in cui ragazzi e ragazze diventano modelli positiviper gli adulti e questo è qualcosa di straordinario che sarebbe bellissimo diventasse ordinario. Perchè questo reciproco arricchimento cambia la vita delle persone. Degli adulti che crescono attraverso l’esperienza dei più giovani, dei ragazzi e delle ragazze che vedono riconosciuto il proprio valore, che cominciano a costruire il proprio futuro con maggiore capacità di comprendere la realtà in cui vivono e che sperimentano le proprie relazioni sentimentali e amicali con una preziosa consapevolezza che li guiderà nel futuro. Investire sull’educazione di genere dovrebbe essere il primo punto nell’ agenda di un governo che abbia coscienza della propria responsabilità.
Tornando al questionario compilato verso la fine del mio incontro a Feltre, della domanda «Che cosa ti resta dell’intervento a cui hai partecipato?», tra le tante risposte ne cito tre:
-la prima è: «Che quando una ragazza dice No quel No deve essere rispettato, non ci si deve passare sopra». Tra le mie slide ce n’è una con un NO gigante su un foglio bianco, perchè il tema del consenso è fondamentale soprattutto quando si parla di violenza sessuale; un No che rimane è un modo diverso di approcciarsi alla relazione.
-La seconda risposta è: «Quello che è stato trattato oggi rimarrà dentro di me». Questa frase da un senso all’impegno di tutte le persone che non smettono di credere nella scuola come fonte del cambiamento, perchè le cose che apprendi nei primi anni della tua vita la influenzano tutta, nel bene e nel male, rimangono, appunto, parte di te.
-La terza, di una ragazza, è «il desiderio di libertà e rispetto». Quando libertà e rispetto non sono qualcosa di cui senti parlare ma diventano un tuo desiderio, troverai il modo per realizzarlo, diverranno una condizione imprescindibile nella tua vita privata e professionale. Ogni passo avanti contro la violenza parte con un cambiamento dentro di noi, con un gesto d’amore per noi stesse.