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L’omofobia è un’allergia all’amore, un’allergia alla vita.
Là dove vi è omofobia non vi è serenità.

Accanto ai fondamentalisti cattossessivi, palesemente violenti, che generalmente sono anche sessisti e razzisti, e che sarebbe meglio affidare a degli specialisti, vi sono moltissime persone che soffrono di una omofobia lieve, non tanto negli esiti ma nelle intenzioni, lieve perché in cuor loro nemmeno la riconoscono.

Non sono malvagie, non odiano, hanno buone relazioni umane, ma rispetto all’omosessualità si lasciano ingabbiare dal pregiudizio e vengono meno agli stessi principi morali che regolano quotidianamente le loro vite.

Per mancanza di esperienza vivono attanagliate dalla confusione, dall’inquietudine, dal timore di ciò che non si conosce.
Quella esperienza che invece è conoscenza, e che sola può liberarci: l’esperienza del parlare con gli omosessuali anziché parlare degli omosessuali.

L’esperienza del con, dell’incontro, che sgretola le paure, scioglie i dubbi, e rilassa la muscolatura, a beneficio del corpo e della mente, dando sollievo e piacere. L’esperienza che ci mostra la bellezza di essere parte di luoghi non ostili, dove quel “ama il prossimo tuo come te stesso’ arricchisce la vita di ognuno.

E allora perché non tentare di prenderci cura di almeno una persona che soffre di omofobia? Tra familiari, parenti, amici, vicini o colleghi.
Ascoltiamola e raccontiamoci, avvicinandola alla nostra esperienza per accompagnarla nella sua. Coinvolgiamola nelle nostre relazioni, nei momenti di convivialità fra persone e famiglie di tutti i colori.

Non c’è miglior cura.

 

pubblicato anche su L’ Espresso, qui.

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Ginger Bender

 

 

 

 

 

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