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Pubblico per intero, compresi i complimenti per me, ma vi invito, soprattutto se siete prof, a riconoscere quanto sia importante parlare di omosessualità nelle scuole partendo -anche- da una storia d’amore che senza negare le difficoltà regala la conoscenza di una felicità possibile. 

Abbiamo letto questo libro quasi per caso.
Per caso no, a dire il vero, perché circa un mese fa abbiamo avuto il piacere e l’onore di incontrare Cristina Obber a Bassano, alla presentazione de “L’altra parte di me”.
E ci è piaciuta subito. Una donna con la “d” maiuscola, tanto minuta quanto grande per come dice quello che in tanti vorremmo dire, per i suoi toni mai eccessivi, ma ugualmente determinati.

Il suo libro è come lei: tanto delicato quanto profondo.
Lo leggi quasi d’un fiato ed arrivi così naturalmente alla fine che quasi ti dispiace di essere già lì, all’ultima pagina.
Ci è piaciuto tutto, dall’inizio alla fine.
Lo stile fresco, veloce, ma al tempo stesso riflessivo e impetuoso. E, ovviamente, la vicenda narrata.

Abbiamo seguito con trepidazione e sincero affetto la storia d’amore di Francesca e di Giulia, sole contro tutto e contro tutti.
Insieme, a fatica e accompagnate da tante lacrime e da un’ostinazione -che ad un certo punto diviene quasi violenta- scaturita dalla loro legittima pretesa di amare, sfidano vecchie e nuove generazioni insegnando a tutti, indistintamente che “di amare non si decide, accade”.

Al di là dell’inevitabile simpatia nei confronti delle due giovani protagoniste però abbiamo amato anche Alessia, l’amica di Francesca, sempre pronta a sostenerla, anche solo con un dolce sorriso. E abbiamo compreso anche il disorientamento di Valeria, una mamma disperata, ma al tempo stesso forte, capace, alla fine, di “rimettere insieme i pezzi” del cuore scomposto del suo Antonio.
Ma uno dei passaggi che ci hanno dato la conferma che questo è davvero uno splendido regalo da fare a chi amiamo per questo Natale -e per i prossimi a venire- è:

“Non aveva mai pensato di dover dare un’etichetta ai propri sentimenti.”
il leit-motiv del nuovo calendario “Basta il colore” che, in 12 originali scatti si sofferma proprio sulla smania che abbiamo tutti di “etichettare” sentimenti ed emozioni, quando le etichette in realtà “vanno bene per le lattine, non per le persone” (Andy Warhol).

Quindi grazie a Cristina, al suo splendido lavoro e a tutti gli spunti di riflessione che la lettura del suo libro ci ha regalato.

Le ragazze di 5L dell’IIS Remondini (e la loro insegnante, Lara Chiminello)